lunedì 28 gennaio 2013

LA MESSA IN LATINO ?






In una metropoli come Roma, può capitare di frequentare la Domenica chiese diverse, anche per soddisfare il desidero di apprezzare  i contenuti di opere d’arte di cui alcune chiese sono ricche.

Si ascoltano messe  in italiano,in francese, in inglese, in tedesco, che rispecchiano la folta presenza di ambasciate  nella Capitale. Per chi non ha familiarità con la pronuncia di taluna di queste lingue, non è agevole seguire le espressioni rituali della messa, talvolta anche a causa di poco efficaci diffusori acustici.

Durante una di tali messe di problematico ascolto, è riaffiorata in taluno la nostalgia della messa in latino, un ricordo di gioventù, riflettendo sul fatto che pur essendo il latino una lingua sconosciuta ai più, in realtà sono duemila anni  che si ripetono nella messa le stesse frasi per cui qualunque fedele può tradursele mentalmente nella propria lingua o leggersi la traduzione nei volumetti messi a disposizione nel corso della funzione religiosa.

Il latino, pur essendo definito una lingua morta, rimane la lingua che ha generato la  nostra – con un parto, sia detto per inciso, durato quasi mille anni – ed è ancora presente nell’attuale nostra lingua in proverbi di antica origine e nel gergo giudiziario, mentre resta la lingua ufficiale del Vaticano, dove le encicliche pontificie, di diffusione universale sono tutte elaborate in latino.

Ma a parte  questo usi marginali del latino, questa lingua trova d’accordo tutti gli scienziati nella catalogazione della fauna e della flora, e nella simbologia dei metalli e dei prodotti chimici ( sodio: Na- natrium, mercurio: Hg - hydrargyrum, oro: Au – aurum), costituendo una soluzione obbligata per evitare di privilegiare qualsiasi lingua moderna, e di suscitare perciò gelosie nazionalistiche.

Preoccupazione questa che ha evitato in Svizzera una scelta tra il tedesco,il francese e l’italiano per la targa auto nazionale ( CH- Confoederatio Helvetica). Una lingua quindi che, per il suo incancellabile prestigio storico, non suscita obiezioni quando se ne proponga l’uso sul piano  internazionale.

Non sembra perciò esservi ostacoli a continuare nell’uso del latino da parte della Chiesa, non sembrando essenziale ai fini dell’apostolato evangelico che le poche parole ripetute quotidianamente in latino nei secoli, durante la celebrazione della messa, debbano essere tradotte – si vorrebbe dire banalizzate – nelle varie lingue in uso nel mondo, togliendo un certo fascino alla celebrazione per  come ci è pervenuta dagli avi.

Il latino inoltre si può vestire di una prerogativa unica: quella cioè di essere l’unica lingua di pace, poco diffusa sì, ma rispettata in tutto il mondo. Essa è già comunque diffusa  attraverso i sacerdoti, i quali  sono portatori di cultura latina, al punto che, quando si incontrano, usano spesso il latino per intendersi, tutto il clero mondiale avente una forte base formativa in latino, maturata spesso in Italia.

L’accrescersi del livello culturale delle nuove generazioni porterà ad una maggiore familiarità con il latino, la cui importanza negli ultimi anni è stata irresponsabilmente disconosciuta nei programmi scolastici, per cui  il latino nelle messe potrà tornare ad essere una componente naturale del rito, nel naturale rispetto della tradizione religiosa, e non essere più considerato come una stonatura antiquata.

25 gen 2013
Rino PALMIERI
rinopalm.it

martedì 15 gennaio 2013

GOVERNO MONTI: UN GOLPE?






Il governo Monti e'nato per evidente iniziativa del Capo dello Stato,Giorgio Napolitano,allarmato per un'apparente accelerazione del declino economico dell'Italia,evidenziato  principalmente dal  preoccupante andamento dello spread.
Spread che, com'e' noto,e' il termine inglese per indicare il divario, per quel che ci riguarda,tra il rendimento dei nostri Buoni del Tesoro e quello degli analoghi  titoli di debito pubblico tedeschi, denominati Bund.

Divario che, a sua volta,esprime l'orientamento del mercato finanziario internazionale, piu' o meno azzeccato, sulla credibilita'del nostro paese in termini di fiducia nella futura capacita'di  rimborsare i titoli alla naturale scadenza, al valore di facciata, a confronto con la fiducia nella analoga capacita' riferita ai Bund tedeschi.
Questa credibilita'si misura con la differenza tra il rendimento effettivo dei nostri Buoni del Tesoro e quello dei Bund, differenza che si materializza al momento delle aste per il
collocamento dei titoli, il cui prezzo di realizzo, rispetto al valore facciale, varia a seconda dell'affidabilita' presunta del paese. Un prezzo piu' basso significa un rendimento  piu' elevato, rispetto al valore di facciata, ma rivela anche che si ritiene presente,da parte del mercato, un piu' alto rischio per l'investimento da sottoscrivere.
Grosso modo di puo' dire che se il rendimento effettivo dei Bund fosse del 2% e quello dei nostri BTP fosse del 5% lo spread sarebbe di 300 punti. Altrettanto grosso modo si puo' dire che questo spread assume l'aspetto di una fotografia dell'economia italiana rispetto a quella tedesca, considerata questa come termine di riferimento per gli Stati dell'eurozona.

Questo  confronto dell'economia italiana con quella tedesca - come capita anche ad  altre economie considerate deboli - nasce da impressioni,a volte opinabili, ma che finiscono col seminare inevitabilmete un forte impatto psicologico, col contributo dei veicoli mediatici.

E si ritiene che, in una certa circostanza,e subendo, tra l'altro, l'influenza dello spread,lanciato oltre  i 500 punti,il Capo dello Stato abbia deciso di rompere gli indugi, sbloccando la situazione di stallo che si era cristallizzata  tra i partiti in parlamento, dove la maggioranza di centrodestra si era praticamente vanificata, risultando in effetti paralizzata.

Con l'assenso del premier Berlusconi, non si sa bene quanto spontaneo, Napolitano - dopo averlo nominato senatore a vita - affida la responsailita' del governo al prof. Mario Monti - noto burocrate europeo esperto di economia - il quale si circonda di esperti a formare una squadra di "tecnici" non parlamentari.
Non essendo stato battuto in parlamento, la caduta del governo in vigore, a suo tempo formato con tutti i crismi della democrazia parlamentare, ha tutto l'aspetto di un golpe,ovvero di un colpo di Stato imposto da una presunta emergenza.
Non e' il momento per scandalizzarsi, se si e' ritenuto da parte del Capo dello Stato che fosse arrivato il momento per il bene pubblico di nominare un Cincinnato a termine, rispondendo ad una esigenza del tipo "a mali estremi, estremi rimedi".

Cio' che sembra di poter rilevare tuttavia che si e' trattato di un golpe imperfetto in quanto e' mancata, per essere  un golpe perfetto, l'attribuzione al nuovo governo di pieni poteri decisionali, cioe' della cosiddetta carta bianca, da esercitare nel limitato periodo - poco piu' di un anno - che precedeva le elezioni politiche della primavera 2013.

Si e' preferito cioe' condizionare l'attivita' del governo tecnico con votazioni di fiducia, che partiti in puntigliosa contrapposizione politica si affrettavano con una inusitata concordia a votare, col timore forse di essere tutti ridotti al silenzio nel periodo transitorio di vita del governo tecnico.

Con la conseguenza che ogni provvedimento "salvaitalia"- che avrebbe dovuto portare l'impronta del governo di emergenza -veniva spesso snaturato da defatiganti trattative con partiti e forze sociali pronte ai veti, agli ostruzionismi, alle manifestazioni di piazza per condizionare la sostanza dei provvedimenti. Ne e' risultato un governo impastoiato, rallentato nei ritmi decisionali, che ha addirittura decretato frettolosamente  la propria fine per una proclamazione di sfiducia di principio, da parte di uno dei partiti che lo avevano appoggiato senza riserve fin da principio .

Naturalmente, bisogna constatare,il senatore Monti - divenuto poi uomo politico con proprie liste nella lotta elettorale per le elezioni politiche della primavera 2013 - ha avuto buon gioco nel poter affermare - a proprio beneficio politico - che l'azione del governo e' stata minata dai veti frapposti da uno o piu' interlocutori del governo.
Governo che se avesse potuto disporre, invece,di piena autonomia decisionale, poteva si' esser tenuto a consultare le varie forze in campo, ma restando arbitro della propria condotta.

Il golpe sarebbe stato in tal modo completo,col rischio anche di suscitare riserve nei custodi della Costituzione, ma probabilmente si sarebbe rivelato -  nel breve arco di tempo disponibile -meglio rispondente alle necessita' del Paese, se questa era - come si immagina che fosse -la preoccupazione del Capo dello Stato di raddrizzare una situazione che stava prendendo - nelle sue autonome valutazioni - una brutta piega.


 Rino Palmieri